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Social: intrattenitori o distrattori?

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Social: intrattenitori o distrattori?

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Le ultime “regole del gioco” dei social network ci dicono che dobbiamo puntare sull’intrattenimento per poter spuntarla e avere il nostro spazio di visibilità. Ogni volta che leggo o vedo qualche video sugli ultimi consigli si fa sempre più pressante la domanda: fin quando ci spingeremo ad eseguire gli ordini impartiti dai proprietari delle piattaforme?

Le ultime regole del gioco social

Se ti aspetti un articolo che spiega l’ultimo trucchetto social per ottenere un briciolo di visibilità, allora mi dispiace deludere le tue aspettative! Generalmente non scrivo quel tipo di guide perché non mi piace replicare contenuti simili ad altri. Mi piace invece provare ad approfondire tematiche di consapevolezza sul rapporto uomo-social-tecnologia-business.

Partiamo da una considerazione ormai tipica: i social cambiano in continuazione e impongono a chi ci lavora di modificare le proprie strategie di visibilità molto spesso. Ecco che, a maggio 2024, leggo le ultimissime notizie (Social Media Marketers Need to Focus More on Entertainment | Social Media Today): “basta interazioni, ora è fondamentale intrattenere!”.

Eh già, se fino a qualche tempo fa, gli algoritmi di intelligenza artificiale premiavano chi riusciva a strappare più like e commenti ora no, non più, l’importante è divertire, intrattenere le persone, misurando i secondi di visualizzazione e le condivisioni. Più teniamo agganciato l’utente, più punti otteniamo!

Dall’altro lato pare che gli utenti abbiano modificato il loro modo di stare sui social: appaiono di meno, fanno meno storie, meno post, anche commentano e interagiscono di meno. Diventando dei veri e proprio spettatori. Spettatori da un paio di secondi – forse anche uno – di feed infiniti. Feed scelti non da noi ma dall’intelligenza artificiale.

Ecco quindi che i creator diventano il fulcro delle strategie di visibilità: bisogna creare contenuti che nel primissimo secondo catturino la distrazione annoiata dell’utente che scrolla il feed.

Il circolo vizioso della visibilità

Osservando questo sistema da fuori, vediamo un meccanismo dove da un lato ci sono i proprietari delle piattaforme che dettano le regole del gioco per ottenere ottime prestazioni, alzando di volta in volta la posta in gioco (in fondo, siamo a casa loro!).

Dall’altro lato le aziende, ingolosite dalla visibilità e dal possibile guadagno vendendo i prodotti, si piegano a queste regole. In mezzo ci sono gli utenti, catalizzati e rapiti. Con abitudini e dati ben maneggiati dall’intelligenza artificiale. Penso che te ne sarai accorto alla tua pagina Esplora di Instagram per esempio. Hai cercato gattini. Ecco che non ti libererai di video di proposte di gattini. Hai cercato un personaggio famoso? Ecco che la tua pagina Esplora non ti proporrà altro che quello. Personalmente lo trovo davvero noioso!

Qual è il confine etico di tutta questa operazione cattura-attenzione? Fin dove si spingeranno le piattaforme? Riusciremo a fare un salto di qualità?

Riaccendere la consapevolezza

Fermiamoci un momento e proviamo ad accendere la consapevolezza dei nostri gesti ripetitivi e annoiati dello scroll. Facciamo caso anche alla qualità in sé del contenuto offerto – il video – che nella stragrande maggioranza dei casi – oltre a strapparci un timido sorriso – non ha nulla di così incredibile da comunicarci. Cioè…non ci svolta la vita…

Ed ecco evidente il circolo vizioso: per catalizzare la visibilità, tendiamo a voler creare un contenuto incredibile. Ma sappiamo benissimo che questa produzione non può essere sempre a livelli alti. Questo meccanismo di perseguire sempre il top crea frustrazione e stanchezza; penso che ci dovremmo fermare e osservare quello che stiamo facendo.

Se trovo utopistico che una massa critica di utenza possa attivare una vera consapevolezza per poter smuovere qualcosa (smettere di passare ore sui social come mero passatempo) – l’impulso al cambiamento dovrebbe partire da noi – comunicatori – nel cominciare a creare e offrire una narrazione diversa.

Un marketing umano, sostenibile, che punti a instaurare una conversazione autentica tra brand (o marca) e la sua utenza, che le parli al cuore senza urlare.

Abbiamo bisogno di ascoltare di nuovo buone storie, vere, fatte col cuore, non di venditori (imbonitori) multimarca.

Che sia il momento che ogni brand abbia il suo narratore esclusivo?

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