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B-Corp VS ESG: quali sono le differenze?

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B-Corp VS ESG: quali sono le differenze?

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Sia di criteri ESG sia di certificazione B-Corp se ne parla da molti anni, ma solo negli ultimi tempi la conversazione (e la comunicazione) attorno a questi argomenti si sta diffondendo sempre di più, creando in molti casi un po’ di confusione. Ma quali sono le differenze tra i due? Cosa sono veramente i criteri ESG? Quali i limiti? Le risposte a queste domande in questo articolo.

Cosa sono i criteri ESG

I criteri ESG (Environmental, Social e Governance) sono nati nel contesto della finanza sostenibile e responsabile, ed hanno iniziato a diffondersi a partire dalla fine degli anni ’90.

L’acronimo sta appunto a indicare i tre aspetti che si dovrebbero tenere conto per guidare un’organizzazione verso una gestione maggiormente responsabile nei confronti dell’ambiente e del bene comune: Environmental, Social e Governance. Vediamone il singolo significato.

  1. Environmental (Ambientale): valuta l’impatto di un’azienda sull’ambiente, come le emissioni di carbonio, l’utilizzo di risorse, la gestione dei rifiuti, la conservazione della biodiversità, ecc.
  2. Social (Sociale): esamina il modo in cui un’azienda gestisce le relazioni con i dipendenti, i clienti e le comunità in cui opera, come le pratiche lavorative, la diversità, l’inclusione, la sicurezza sul lavoro, ecc.
  3. Governance (Di Governance): si concentra sulla qualità e sull’efficacia del sistema di governo societario, come la composizione del consiglio di amministrazione, le pratiche di remunerazione, l’etica aziendale, la lotta alla corruzione, ecc.

I criteri ESG sono diventati uno strumento chiave per gli investitori e le aziende per valutare e confrontare le performance di sostenibilità. L’obiettivo è identificare e gestire i rischi e le opportunità derivanti da fattori ambientali, sociali e di governance, promuovendo investimenti e pratiche più responsabili. In questo momento stanno assumendo un ruolo chiave tra gli investitori, che privilegiano aziende che tengano conto di questi aspetti.

Ma chi è che fa le valutazioni dei rating? Qui sta il punto, infatti. Ma vediamo ora le B-Corp.

La certificazione B-Corp

Il movimento B-Corp, è un’organizzazione no-profit, e nasce nel 2006 con l’obiettivo di aiutare a costruire un’economia diversa, guidando le aziende verso un nuovo modello. Col tempo è diventata una certificazione delle aziende che soddisfano criteri elevati di prestazioni sociali, ambientali, trasparenza e responsabilità.

Cerca di diffondere un modo di concepire e pensare un’azienda, lavora quindi nel cuore pulsante, in modo che le azioni che vengono intraprese per la certificazione siano vere, reali e che abbiano un vero impatto, non solo all’interno dell’azienda, ma anche nella comunità territoriale che la circonda.

B-Corp è un sistema indipendente, che lavora in un regime di neutralità nei confronti delle aziende con un sistema che limita i conflitti di interesse.

Un’azienda, per certificarsi B-Corp, deve essere innanzitutto benefit, è la condizione sine qua non per poter avviare il percorso e il punteggio minimo da ottenere per poter avere la certificazione è di 80. La valutazione si ottiene rispondendo a una serie di domande – ricomprese nei vari ambiti che passa dal social, ambientale e legale – che sono contenuti nel B-Impact Assessment. La veridicità delle risposte viene verificata dal team B-Corp e la procedura richiede tempo. La certificazione ha un costo, ma è davvero molto limitato per un’azienda rapportando il valore della certificazione. Come anticipato più sopra, B-Corp è un’organizzazione no-profit.

Tutti possono accedere gratuitamente al B-Impact Assessment, basta registrarsi sul sito https://app.bimpactassessment.net/get-started e iniziare a compilare le informazioni dell’azienda. Questa è una modalità molto utile per capire – rispondendo ovviamente onestamente alle domande – quanto bene sta facendo la propria organizzazione.

Di recente ho ottenuto la certificazione come Leader in Regenerative Business B-Corp Model (qui il badge) ed avere le competenze per guidare le organizzazioni verso questa filosofia.

Altri criteri di valutazione: GRI e SASB

Ci sono altri criteri di valutazione ambientale e sociale oltre alla B-Corp? La risposta è sì. Una è la GRI – Global Reporting Initiative, l’organizzazione internazionale indipendente che aiuta le aziende e le altre organizzazioni ad assumersi la responsabilità dei loro impatti, fornendo loro il linguaggio comune globale per comunicare tali impatti  (scarica qui lo standard GRI). L’altra è la Sustainability Accounting Standards Board (SASB) che ha come finalità più l’area degli investimenti.

Quali sono quindi le differenze con i criteri ESG?

Torniamo quindi alla domanda che ho posto quando ho spiegato i criteri ESG: chi fa le valutazione dei rating? Qui sta l’inghippo e un po’ la chiave che può rendere tutto un po’ traballante e poco chiaro all’esterno dell’organizzazione.

Sono infatti diverse le agenzie che si occupano di dare un punteggio alle organizzazione che si rivolgono a loro, fornendo un questionario e dando una valutazione personale. La questione è che il punteggio dipende da agenzia ad agenzia, fornendo un risultato non obiettivo, nemmeno tra le varie agenzie. Manca un criterio universale.

Elenco le principali criticità del metodo ESG:

  1. Mancanza di standardizzazione: come spiegato poco fa, non esiste un quadro normativo globale e unificato per la divulgazione e la misurazione degli indicatori ESG, il che rende difficile il confronto tra aziende e settori.
  2. Dati incompleti e scarsa trasparenza: molte aziende non forniscono informazioni complete e verificabili sui loro impatti ambientali, sociali e di governance, rendendo difficile una valutazione accurata.
  3. Conflitti di interesse: vi può essere un potenziale conflitto di interessi tra le agenzie di rating ESG, che sono remunerate dalle stesse aziende che valutano.
  4. Enfasi eccessiva su dati quantitativi: il metodo ESG si basa spesso su metriche quantitative che potrebbero non cogliere pienamente gli aspetti qualitativi e le sfumature del comportamento aziendale.
  5. Greenwashing: alcune aziende potrebbero utilizzare il reporting ESG per migliorare l’immagine pubblica, senza necessariamente attuare cambiamenti sostanziali nelle loro pratiche. Questo è molto importante: una condotta di questo tipo vanifica ogni tipo di sforzo che si sta facendo per poter far cambiare rotta all’economia lineare classica.
  6. Mancanza di allineamento con gli obiettivi di sostenibilità: i punteggi ESG potrebbero non riflettere pienamente il contributo di un’azienda al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile globali.

È chiaro, quindi, che in un ambiente così costruito è difficile dall’esterno farsi un’idea realistica se quell’azienda stia seguendo un percorso verso la sostenibilità. Soprattutto da parte degli investitori, non parliamo dei consumatori finali.

I report di sostenibilità e di impatto

Altro punto da mettere sul piatto della discussione è la redazione delle relazioni di impatto e di sostenibilità. Proprio poco tempo fa, facendo una ricerca su aziende cosmetiche sostenibili, ho trovato in rete una start up milanese, con un target genZ, che promuoveva la sostenibilità dei propri prodotti. Mi sono incuriosita e mi sono scaricata la loro relazione d’impatto. Grande delusione: il documento era praticamente una presentazione aziendale, ben lontano dagli obiettivi e scopi per cui si sarebbe dovuto creare.

Quindi: attenzione anche alle relazioni di impatto e di sostenibilità. Al loro interno devono essere riportate tutte le attività che si sono svolte nell’anno e il raggiungimento degli obiettivi specifici che ci si era dati.

Take away

Con questa panoramica sulle differenze tra criteri ESG e B-Corp, non voglio demonizzare totalmente il primo. Integrando la riflessione anche con gli obiettivi SDG (ho parlato di SDG nell’articolo sull’Ecologia Digitale), gli ESG sono uno strumento utile per cominciare a cambiare l’organizzazione e portandola verso un modello dove l’obiettivo non è solo quello profit, ma di dare un impatto positivo verso la comunità che si serve e verso l’ambiente.

Il cambiamento va però fatto con convinzione altrimenti il rischio è che crolli come un castello di carte.

E tu, sei pronto per il cambio di paradigma? Ti invito a seguirmi sul mio canale Telegram dove parlo di questo e di altre argomenti legati alla comunicazione della sostenibilità.

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